Svelti-svelti! aprite il tunnel inutili schiavi!”
Le richieste del Clawlord Rikkit, rafforzate dalla presenza dei mastodontici Stormvermin del Clan Mekkrit, erano abbastanza per vedere gli esausti schiavi raddoppiare i propri sforzi nel fare breccia nel velo estremamente teso della realtà. Le mura del Gnawhole pulsavano di una luce malata mentre i picconi con le punti in warpietra colpivano ripetutamente, ogni schiavo lavorava per evitare di attirare lo sguardo del proprio padrone.
Pronto per combattere o scappare in qualsiasi momento con ogni Clawlord che si rispetti, lo sguardo di Rikkit rimaneva fisso sugli squarci che crescevano alla fine del tunnel. Scavare Gnawhole anche piccoli aveva sempre previsto dei rischi, il caos magico scatenato dal re dei cosi non-morti li aveva solo aumentati.
Eppure l’Horned One stava osservando Rikkit - non che l’avesse mai dubitato. All’improvviso annunciato da acuti crepitii il portale si aprì di scatto. Gli schiavi squittirono mentre dardi di fulmini warp incenerirono i più sfortunati. Il Clawlord scartò leggermente lontano dalle magie selvagge prima di ringhiare ai suoi Clanrats di spingere gli schiavi più vicini nelle fauci del Gnawhole. I suoi Stormvermin fecero presto lo stesso con i Clanrats. Solo quando su soddisfatto del passaggio dell’immediato pericolo, Rikkit si lanciò dopo di loro.
Lama sguainata, zanne spalancate in segno di sfida, Rikkit balzò fuori dal Gnawhole nella realtà convenzionale. Il Clawlord soppresse gli sconfortevoli tremiti del passaggio nel sotto-reame, nonostante la sua coda avesse spasmi imprevedibili. Un silenzio assordante lo bloccò completamente. Lunghi corridori si estendevano nell’oscurità da entrambi i lati. Tenui bagliori di quella che sembrava luce stellare dal soffitto a volta perforavano le tenebre. i peli del capo degli Skaven fremevano sospettosi mentre una pericolosa espressione accigliata si andava delineando nel suo viso spiovente.
“Che sciocchezza è questa!” ringhiò Rikkit, insultando il Clanrat soprintendente allo scavo del Gnawhole che indietreggiava. “ Io conosco l’odore di ogni Reame! questo non è Aqshy!”
“La prego di perdonarmi, più imperioso dei padroni!” Lo sfortunato Skaven squittì, farfugliando con una mappa scarabocchiata frettolosamente “I-I cosi non-morti urla-rovina, loro -
Il corpo dello Skaven colpì il suolo, e la sua testa mozzata lo seguì, dopo che la lama di Rikkit discese senza avvertimento. Gli schiavi più vicini si prostrarono velocemente, emettendo muschio di pauroso rispetto.
Il Clawlord fu vicino all’ammazzarli comunque. Il Clan Krank era stato molto specifico quando aveva assoldato i servizi del Clan Mekkrit per assaltare le officine del monte Vulkus e riportare i loro contenuti - gli ingegneri dei cosi-umani e tutto - indietro a Blight City. Il fallimento voleva dire una perdita di prestigio, nonostante Rikkit stesse già compilando una lista di sottoposti a cui avrebbe potuto affibbiare la colpa.
“O potente Lash-Liege! Venga svelto-svelto!”
L’urlo dello Stormvermin disturbò gli schemi di Rikkit. La coda si contorceva curiosa, il Clawlord si affrettava più vicino mentre lo Skaven dal pelo scuro gesticolava verso una nicchia nascosta nel muro.
All’interno di un contenitore di vetro sigillato da lucchetti che sembravano arcani, un ciondolo giaceva sopra un cuscino di velluto. La gemma che pendeva da lì su una corta catena luccicava con una brillantezza interna. Realmstone. Rikkit l’avrebbe riconosciuta dappertutto. Eterquarzo sfaccettato di Hysh per essere esatti, se la sua avara intuizione era corretta, ed era un esemplare impeccabile. L’avarizia del Clawlord prese velocemente il sopravvento sulla sua cautela mentre cercava di raggiungerlo; solo quando il potenziale magico concentrato sotto tensione sulla superficie del contenitore culminò e mandò un doloroso shock sul suo braccio ritirò la mano. Liberandosi dello spiacevole formicolio della scossa, Rikkit lanciò un cupo sguardo verso gli eventuali sfidanti che avevano assistito al fugace lasso di tempo. Considerandoli adeguatamente intimoriti, il Clawlord si schiarì la gola e si girò a esplorare davvero dove fosse finito.
Gli schiavi e i Clanrat più sfortunati si ritrovarono ammassati dietro a Rikkit mentre gli Skaven scorrazzavano per i cupi corridoi. Le querce bruciate di Aqshy, pressate in grezzi tubi d’ottone mentre il Gnawhole era sotto costruzione, ora venivano incendiate e usate come museruola per fornire fasci di luce focalizzata. La camera sembrava infinita, si aggrovigliava avanti e indietro, aprendosi in spazi più larghi solo per diramarsi in passaggi tenebrosi. Al di là dei fasci delle torce l’oscurità era così totale che persino gli Skaven facevano fatica ad abituarsi.
Era un’oscurità artificiale, pensò Rikkit, fatta per confondere e disorientare. Eppure l’oscurità sembrava anche l’ultima disperata contromisura per un sistema in cui nessuno avrebbe mai dovuto fare breccia in primo luogo. Il tenue ronzio che infestava il corridoio nutrì ulteriormente i dubbi del Clawlord. Rikkit aveva passato abbastanza tempo alla presenza di macchinari per riconoscere il suono di uno che non sta funzionando.
Attorcigliandosi sui muri e sui pavimenti c’erano gli odiati simboli di Azyr. Austere facce dei cosi-umani guardavano l’intrusione degli Skaven, ma questi non erano i cosi della tempesta. lo stile era più vecchio, che evocava epoche perdute.
A Rikkit importava di più dell’immediato tesoro in ogni caso. Armate di ingranaggi stavano ferme con rigida attenzione in un pozzo al di sotto di una passerella, orbi di fuoco imprigionato scoppiettavano in maniera senziente mentre oscillavano dal soffitto, mentre una spada stava appesa a mezz’aria tra due pilastri. Delle fiamme nere occasionalmente si increspavano nella sua lunghezza, rivelando rune contorte lavorate nel metallo.
“Il Clan Krank offrirà molti patti d’artiglio per questo, si-si” mormorò Rikkit. Occupato nel congratularsi con se stesso per la sua sagacia nel deviare il Gnawhole, gli affilati sensori di pericolo non percepirono il cupo lamento che echeggiava lungo il corridoio. Gli schiavi invece lo sentirono, scuotendo nervosamente le code. Molti Stormvermin tamburellarono le punte dei loro artigli a disagio sull’impugnatura delle loro alabarde.
Il CLawlord si girò per accettare le congratulazioni dei suoi servi per il suo colpo di genio. Si fermò mentre lo faceva, confuso. Dove prima c’era stata l’oscurità totale, ora una tenue luce brillante era emanata da un angolo del corridoio, rischiarandosi con ogni istante che passava.
La luce girò l’angolo. Il portamento del fantasma predatore non era quello di un essere vivente, né quello di un morto, per quanto prese l’aspetto del secondo. Navigando su un’onda di ametista magico, lo sguardo vuoto del gondoliere trafisse Rikkit. Sopra il suo manico di quercia oscillava una lanterna con ipnotizzante lentezza mentre lo spettro planava verso gli Skaven.
La mortale mano del barcaiolo si estese quasi in modo languido verso il più vicino, pietrificando lo schiavo di paura mentre passava. Lo Skaven si accasciò come una marionetta a cui venissero tagliati i fili. I sopravvissuti guardarono, inorriditi, mentre la luccicante roba dell’anima dello schiavo si avvolgeva attorno alle dita dell’apparizione. Lottò momentaneamente prima di venire scartata nell’onda dello spirito costretta a condurre la gondola in avanti per sempre.
Un urlo di panico scappò a Rikkit mentre cercava la spada senza i risultati sperati. Ebbe giusto il tempo di considerare che forse quella camera delle meraviglie non era stata costruita solo per tenere lontani gli intrusi
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